LUMEN CHRISTI B12

L’Enciclica Dominum et vivificantem (IV)

Passiamo ora alla seconda parte dell’enciclica che tratta dei rapporti fra lo Spirito Santo e la realtà del peccato. È una meditazione molto personale del Santo Padre che segue un suo svolgimento spontaneo.
Vediamone i presupposti:

  • Il peccato non quale trasgressione di una legge particolare, ma quale rottura dell’alleanza con Dio, non solo percepito nella sua unità, ma con le singole Persone della Trinità.

In tal modo il peccato viene considerato:

  • rifiuto della fede in Cristo, crocifisso e risorto;
  • disobbedienza e rifiuto del dono e dell’amore; Dio viene percepito come nemico dell’uomo;
  • menzogna e rifiuto della Parola di Dio;
  • atto contrario alla volontà salvifica di Dio e quindi offesa di Dio.

L’azione dello Spirito-Persona

Gv 16,8-9; DV n.27:“Il peccato, in questo passo…. di Cristo”

L’incredulità nei confronti di Cristo si verifica anche fin dall’inizio del mondo; e tutto perdura nel tempo della Chiesa, come testimoniano i testi del Concilio sul senso del mondo:” Si deve dare a questa affermazione la portata più vasta possibile, in quanto comprende tutto l’insieme dei peccati nella storia dell’umanità” (DV n.29) e considerare l’universalità della Redenzione.

Mt 12,31-32: testo difficile ma fondamentale per comprendere la prospettiva del Santo Padre

DV n.46: “Secondo una tale esegesi….opere morte”

La bestemmia contro il Figlio dell’uomo potrebbe infatti rimanere alla superficie del mistero e appare quindi tuttora come oggetto di per­dono; quella contro lo Spirito invece nega la sostanza profonda di tutto il mistero della salvezza e costituisce un rifiuto globale e fondamentale della via unica della salvezza.

Come agisce lo Spirito?

  • “Egli convince il mondo quanto al peccato”
  • Ci manifesta la realtà del peccato nella sua dimensione divina e umana: esso offende Dio nel suo essere intimo e distrugge l’uomo.
  • Si fa protagonista della redenzione dal peccato, perché la manifestazione del peccato è orientata verso la Redenzione e non verso la condanna degli uomini.

La chiamata alla conversione

Il giorno della Pentecoste, in cui lo Spirito rivela se stesso come la Persona che prolunga il mistero della Redenzione, è anche il giorno in cui lo Spirito per mezzo degli Apostoli chiama alla conversione, cioè all’accettazione di Cristo nel suo mistero pasquale.

DV n.31: “Il convincere del peccato…. peccato dell’uomo”.

Lo Spirito Santo “che scruta le profondità di Dio” può rendere il peccatore cosciente della realtà profonda della rottura fra lui e Dio.


Passi Scritturistici

Gv 16,8-9

8E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. 9Quanto al peccato, perché non credono in me.

DV n.27

«Il peccato», in questo passo, significa l’incredulità che Gesù incontrò in mezzo ai «suoi», cominciando dai concittadini di Nazareth. Significa il rifiuto della sua missione, che porterà gli uomini a condannarlo a morte. Quando successivamente parla della «giustizia», Gesù sembra avere in mente quella giustizia definitiva, che il Padre gli renderà circondandolo con la gloria della risurrezione e dell’ascensione al Cielo: «Vado al Padre». A sua volta, nel contesto del «peccato» e della «giustizia» così intesi, «il giudizio» significa che lo Spirito di verità dimostrerà la colpa del «mondo» nella condanna di Gesù alla morte di Croce. Tuttavia, il Cristo non è venuto nel mondo solamente per giudicarlo e condannarlo: egli è venuto per salvarlo. Il convincere del peccato e della giustizia ha come scopo la salvezza del mondo, la salvezza degli uomini. Proprio questa verità sembra essere sottolineata dall’affermazione che «il giudizio» riguarda solamente il «principe di questo mondo», cioè Satana colui che sin dall’inizio sfrutta l’opera della creazione contro la salvezza, contro l’alleanza e l’unione dell’uomo con Dio: egli è «già giudicato» sin dall’inizio. Se lo Spirito consolatore deve convincere il mondo proprio quanto al giudizio, e per continuare in esso l’opera salvifica di Cristo.

Mt 12,31-32

31Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. 32A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro.

DV n.46

Secondo una tale esegesi la «bestemmia» non consiste propriamente nell’offendere con le parole lo Spirito Santo; consiste, invece, nel rifiuto di accettare la salvezza che Dio offre all’uomo mediante lo Spirito Santo, operante in virtù del sacrificio della Croce. Se l’uomo rifiuta quel «convincere quanto al peccato», che proviene dallo Spirito Santo ed ha carattere salvifico, egli insieme rifiuta la «venuta» del consolatore – quella «venuta» che si è attuata nel mistero pasquale, in unità con la potenza redentrice del sangue di Cristo: il sangue che «purifica la coscienza dalle opere morte».

DV n.31

Il convincere del peccato, mediante il ministero dell’annuncio apostolico nella Chiesa nascente, viene riferito – sotto l’impulso dello Spirito effuso nella Pentecoste – alla potenza redentrice di Cristo crocifisso e risorto. Così si adempie la promessa relativa allo Spirito Santo, fatta prima di pasqua: «Egli prenderà del mio e ve l’annuncerà». Quando dunque, durante l’evento della Pentecoste, Pietro parla del peccato di coloro che «non hanno creduto» ed hanno consegnato ad una morte ignominiosa Gesù di Nazareth, egli rende testimonianza alla vittoria sul peccato: vittoria che si è compiuta, in certo senso, mediante il peccato più grande che l’uomo poteva commettere: l’uccisione di Gesù, Figlio di Dio, consostanziale al Padre! Similmente, la morte del Figlio di Dio vince la morte umana: «Ero mors tua, o mors», come il peccato di aver crocifisso il Figlio di Dio «vince» il peccato umano!