LUMEN CHRISTI B 52
La Lettera Apostolica Mulieris dignitatem (II)
La Bibbia contiene due racconti che ci presentano il rapporto uomo-donna in modo diverso:
Gn 1,26-28: questo testo, dice la Lettera, costituisce l’immutabile base di tutta l’antropologia cristiana.
Gn 2,18-25: la donna è vista come compagna dell’uomo.
MD n.6: “Nella descrizione di Genesi… stata tolta”.
Come nota il santo Padre, in questo testo, l’uomo e la donna appaiono come due persone che devono compiere insieme la stessa funzione, quella cioè di portare a compimento il disegno creatore.
In realtà questi due testi appartengono a due tradizioni letterarie diverse: il primo (storicamente posteriore al secondo) appartiene alla tradizione sacerdotale e ci indica il senso teologico profondo dell’umanità, il quale sarà sottomesso a successive determinazioni culturali che non rispecchieranno necessariamente la radicale uguaglianza nella dignità. Il secondo testo (che comprende i capitoli 2 e 3) appartiene al cosiddetto redattore jahvista, il quale considera la prospettiva storica.
In tale contesto il rapporto uomo-donna lascia intravvedere alcune tensioni:
• L’istituzione famigliare, la quale è fondamentale, implica una separazione dai genitori: tale separazione verrà vissuta in contesti culturali diversi.
– L’uomo appare creato per primo e la donna gli è riferita come aiuto.
– Dopo il peccato, il rapporto uomo-donna diventa un rapporto dialettico di rivalità. Alla dominazione dell’uomo la donna risponde con la seduzione. Tale mutamento è un aspetto dello sconvolgimento prodotto dal peccato.
Tale perturbazione si riflette nelle condizioni culturali e storiche in cui vivono uomo e donna. La soluzione anch’essa è storica, vale a dire: entriamo nel dramma della Redenzione in vista di una riconciliazione finale. Nel Cristo, però, la riconciliazione è già inaugurata.
Gal 3,27-28: la dualità si risolve nell’unità spirituale in Cristo.
La Lettera non si sofferma sulle tensioni, ma mette in rilievo l’uguale dignità delle persone: certo, le persone sono diverse, ma non si comprendono fuori del loro rapporto.
MD n.7: “Penetrando col pensiero… Spirito Santo”.
A questo punto viene introdotta una considerazione di grande importanza: la persona non si definisce come individuo a se stante, bensì nel rapporto alle altre persone, proprio come in Dio-Trinità in cui le Persone si definiscono secondo la loro relazione. In tal modo, l’umanità rassomiglia a Dio anche in quanto appare come dualità nell’unità.
MD n.7: “L’immagine e somiglianza di Dio…. comandamento dell’amore”.
Due sono le conseguenze di questa concezione:
– Il comandamento dell’amore è già iscritto nella creazione dell’uomo-donna; ed è appunto il loro rapporto che deve prefigurare e instaurare la riconciliazione finale.
– L’amore è essenzialmente dono sincero di sé all’altro.
Passi Scritturistici
Gn 1,26-28
26E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».
27Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
28Dio li benedisse e disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra;
soggiogatela e dominate
sui pesci del mare
e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente,
che striscia sulla terra».
Gn 2,18-25
18Poi il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile». 19Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. 21Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. 22Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. 23Allora l’uomo disse:
«Questa volta essa
è carne dalla mia carne
e osso dalle mie ossa.
La si chiamerà donna
perché dall’uomo è stata tolta».
24Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. 25Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.
MD n.6
Nella descrizione di Genesi 2,18-25 la donna viene creata da Dio «dalla costola» dell’uomo ed è posta come un altro «io», come un interlocutore accanto all’uomo, il quale nel mondo circostante delle creature animate è solo e non trova in nessuna di esse un «aiuto» adatto a sé. La donna, chiamata in tal modo all’esistenza, è immediatamente riconosciuta dall’uomo come «carne della sua carne e osso delle sue ossa» (cf. Gen 2,23) e appunto per questo è chiamata «donna». Nella lingua biblica questo nome indica l’essenziale identità nei riguardi dell’uomo: ‘is – ‘issah, cosa che in generale le lingue moderne non possono purtroppo esprimere. «La si chiamerà donna (‘issah), perché dall’uomo (‘is) è stata tolta» (Gen 2,23).
Gal 3,27-28
[…] 7poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. 28Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.
MD n.7
Penetrando col pensiero l’insieme della descrizione di Genesi 2,18-25, ed interpretandola alla luce della verità sull’immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1,26-27), possiamo comprendereancora più pienamente in che cosa consista il carattere personale dell’essere umano, grazie al quale ambedue – l’uomo e la donna – sono simili a Dio. Ogni singolo uomo, infatti, è ad immagine di Dio in quanto creatura razionale e libera, capace di conoscerlo e di amarlo. Leggiamo, inoltre, che l’uomo non può esistere «solo» (cf. Gen 2,18); può esistere soltanto come «unità dei due», e dunque in relazione ad un’altra persona umana. Si tratta di una relazione reciproca: dell’uomo verso la donna e della donna verso l’uomo. Essere persona ad immagine e somiglianza di Dio comporta, quindi, anche un esistere in relazione, in rapporto all’altro «io». Ciò prelude alla definitiva autorivelazione di Dio uno e trino: unità vivente nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
MD n.7
L’immagine e somiglianza di Dio nell’uomo, creato come uomo e donna (per l’analogia che si può presumere tra il Creatore e la creatura), esprime pertanto anche l’«unità dei due» nella comune umanità. Questa «unità dei due», che è segno della comunione interpersonale, indica che nella creazione dell’uomo è stata inscritta anche una certa somiglianza della comunione divina («communio»). Questa somiglianza è stata inscritta come qualità dell’essere personale di tutt’e due, dell’uomo e della donna, ed insieme come una chiamata e un compito. Sull’immagine e somiglianza di Dio, che il genere umano porta in sé fin dal «principio», è radicato il fondamento di tutto l’«ethos» umano: l’Antico e il Nuovo Testamento svilupperanno tale «ethos», il cui vertice è il comandamento dell’amore.