LUMEN CHRISTI B 60
La Lettera Apostolica Mulieris dignitatem (X)
Il rapporto fra la donna e il mistero della Chiesa è essenzialmente un mistero sponsale. Bisogna adesso approfondire tale mistero in quanto è rapporto fra Cristo e Chiesa: tale rapporto ci rimanda alla dualità uomo-donna come unità dei due.
1- La Chiesa petrina, ossia sacerdotale
La Chiesa quale Corpo mistico di Cristo è gerarchica ed è comunicatrice di vita mediante i sacramenti. In tale senso il sacerdozio deve significare il dono gratuito della vita da parte di Cristo; tale è la ragione profonda della disposizione di Cristo che riserva il sacerdozio agli uomini.
MD n.26:” Sull’ampio sfondo… non rimessi”.
Il Santo Padre risponde all’obiezione abituale che afferma che
Gesù ha soltanto obbedito alle usanze di quel tempo e non ha voluto
deliberatamente riservare il sacerdozio agli uomini. Cristo, invece, ha
agito con piena libertà in un mondo che conosceva il sacerdozio pagano
affidato a donne.
La ragione generale di tale scelta è il fatto che appartiene
all’uomo di simboleggiare 1’autorità e la responsabilità come pure gli
appartiene di essere il capo della creazione che egli deve dominare e
trasformare.
La Lettera aggiunge una ragione complementare: l’atto redentore è
compiuto da Cristo e ricevuto dalla Chiesa; e tale atto redentore
ridiventa attivo nel mistero eucaristico celebrato dall’assemblea
Particolare
MD n.26: “Se Cristo… sacerdozio ministeriale”.
2 – Il sacerdozio comune: la Chiesa mariana
Al dono attivo di Cristo deve corrispondere l’azione della Chiesa tutt’intera; la sua risposta non è altro che l’attuazione del sacerdozio comune a tutti i fedeli.
1Pt, 4-10: è il testo fondamentale che indica la dignità e la responsabilità di ogni cristiano, quella di fare della propria vita una oblazione a Dio: la partecipazione eucaristica si manifesta nell’offrire i sacrifici spirituali della propria esistenza.
Ciò significa che il rapporto fra Cristo e la Chiesa, e attraverso la Chiesa con ogni cristiano, è un rapporto di sposo a sposa: in tale senso tutti i cristiani vivono la grazia sponsale.
MD n.27: “Questa partecipazione… dono della Sposa”.
Il rapporto a Cristo è quindi, fondamentalmente, rapporto di fede e di carità: con la fede si crea il legame interpersonale; con l’amore tale legame viene vissuto in pienezza.
Maria, come abbiamo visto nella Redemptoris Mater, è figura di tutta la Chiesa e va quindi considerata Madre-Vergine-Sposa.
Ciò implica partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa. Anche in questo campo c’è parità di dignità della donna e dell’uomo pur nella distinzione dei tipi di azione
MD n.27: “Nella storia della Chiesa… multiforme servizio”.
Infatti tutti, uomini e donne, sono chiamati alla santità che è partecipazione alla vita e alla missione di Cristo.
Passi Scritturistici
MD .n.26
Sull’ampio sfondo del «grande mistero», che si esprime nel rapporto sponsale tra Cristo e la Chiesa, è possibile anche comprendere in modo adeguato il fatto della chiamata dei «Dodici».Chiamando solo uomini come suoi apostoli, Cristo ha agito in un modo del tutto libero e sovrano. Ciò ha fatto con la stessa libertà con cui, in tutto il suo comportamento, ha messo in rilievo la dignità e la vocazione della donna, senza conformarsi al costume prevalente e alla tradizione sancita anche dalla legislazione del tempo. Pertanto, l’ipotesi che egli abbia chiamato come apostoli degli uomini, seguendo la mentalità diffusa ai suoi tempi, non corrisponde affatto al modo di agire di Cristo. «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità (…), perché non guardi in faccia ad alcuno» (Mt 22,16). Queste parole caratterizzano pienamente il comportamento di Gesù di Nazareth. In questo si trova anche una spiegazione per la chiamata dei «Dodici». Essi sono con Cristo durante l’ultima Cena; essi soli ricevono il mandato sacramentale: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22, 19; 1Cor 11,24), collegato all’istituzione dell’Eucaristia. Essi, la sera del giorno della risurrezione, ricevono lo Spirito Santo per perdonare i peccati: «A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi» (Gv 20,23).
MD n.26
Se Cristo, istituendo l’Eucaristia, l’ha collegata in modo così
esplicito al servizio sacerdotale degli apostoli, è lecito pensare che
in tal modo egli voleva esprimere la relazione tra uomo e donna, tra ciò
che è «femminile» e ciò che è «maschile», voluta da Dio sia nel
mistero della creazione che in quello della redenzione. Prima di tutto nell’Eucaristia si esprime in modo sacramentale l’atto redentore di Cristo Sposo nei riguardi della Chiesa Sposa. Ciò diventa trasparente ed univoco, quando il servizio sacramentale dell’Eucaristia, in cui il sacerdote agisce «in persona Christi», viene compiuto dall’uomo. E’ una spiegazione che conferma l’insegnamento della Dichiarazione Inter insigniores, pubblicata
per incarico di Paolo VI per rispondere all’interrogativo circa la
questione dell’ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale.
1Pt 4,10
10Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio.
MD n.27
Questa partecipazione determina, inoltre, l’unione organica della Chiesa, come Popolo di Dio, con Cristo. In essa si esprime nel contempo il «grande mistero» della Lettera agli Efesini: la Sposa unita al suo Sposo; unita, perché vive la sua vita; unita, perché partecipa della sua triplice missione (tria munera Christi); unita in una maniera tale da rispondere con un «dono sincero» di sé all’ineffabile dono dell’amore dello Sposo, redentore del mondo. Ciò riguarda tutti nella Chiesa, le donne come gli uomini, e riguarda ovviamente anche coloro che sono partecipi del «sacerdozio ministeriale», che possiede il carattere di servizio. Nell’ambito del «grande mistero» di Cristo e della Chiesa tutti sono chiamati a rispondere – come una sposa – col dono della loro vita all’ineffabile dono dell’amore di Cristo, che solo, come redentore del mondo, è lo Sposo della Chiesa. Nel «sacerdozio regale», che è universale, si esprime contemporaneamente il dono della Sposa.
MD n.27
Nella storia della Chiesa, sin dai primi tempi c’erano – accanto agli uomini – numerose donne, per le quali la risposta della Sposa all’amore redentore dello Sposo assumeva piena forza espressiva. Come prime vediamo quelle donne, che personalmente avevano incontrato Cristo, l’avevano seguito e, dopo la sua dipartita, insieme con gli apostoli «erano assidue nella preghiera» nel cenacolo di Gerusalemme sino al giorno di Pentecoste. In quel giorno lo Spirito Santo parlò per mezzo di «figli e figlie» del Popolo di Dio, compiendo l’annuncio del profeta Gioele (cfr. At 2,17). Quelle donne, ed in seguito altre ancora, ebbero parte attiva ed importante nella vita della Chiesa primitiva, nell’edificare sin dalle fondamenta la prima comunità cristiana – e le comunità successive – mediante i propri carismi e il loro multiforme servizio.