LUMEN CHRISTI B 58
La Lettera Apostolica Mulieris dignitatem (VIII)
In Maria sono realizzate le due figure femminili della madre e della vergine che bisogna considerare in stretto collegamento: se la madre appartiene all’ordine della natura e ne significa la fecondità, la vergine ricorda maggiormente l’ordine della persona e richiama la nozione di maternità, spirituale. La persona, infatti, implica “il dono sincero di sé”.
1 – La figura della Vergine
Indipendentemente dalla complementarietà potenziale dell’uomo e della donna, la figura della vergine accentua il valore della persona come tale. Anch’essa si riferisce alla natura, ma per significarne l’integrità; in tal modo simboleggia un’innocenza anteriore. Non tanto però un’innocenza morale, quanto la luce degli inizi.
La verginità per il Regno non è un puro permanere, ma la scelta libera di uno stato di vita in cui viene significato il rapporto iniziale della persona umana a Dio. E tale rapporto è simboleggiato a sua volta dall’amore sponsale: la persona si dona a Dio e, attraverso questo dono, agli altri.
MD n.20: “In questo più ampio contesto… Cristo-sposo”.
Si tratta quindi di assumere liberamente una condizione e di conferirle un significato spirituale. Anteriormente ad ogni relazione funzionale, la verginità significa la persona nella sua interiorità vivente. La rinuncia al matrimonio diventa il segno leggibile per tutti della scelta di un’altra via di realizzazione.
2- La maternità spirituale (MD n.21)
Mentre la maternità fisica implica un amore privilegiato verso i figli, la maternità spirituale si apre necessariamente a tutti gli uomini e, concretamente, a quelli che il Signore mette sulla strada di ciascuno secondo la sua Provvidenza. Vivere la verginità consacrata significa quindi dilatare il cuore alle dimensioni del mondo.
MD n.21: “La verginità nel senso evangelico… ciascuno”.
Sia nel caso del matrimonio che in quello della verginità consacrata, la vocazione della donna è sempre di essere sposa. Di tale vocazione, il segno simbolico è quello del velo, il quale significa la protezione dell’intimità: il velo della consacrazione significa che la donna riserva l’intimo della sua, persona per Dio; quello dello sposalizio afferma che il disvelamento del corpo si compirà sotto la protezione del sacramento (G. von Le Fort).
Ricordiamo anche come la maternità fisica includa l’aspetto spirituale della crescita della persona del bambino.
Tale maternità spirituale caratterizza 1’attività, della Chiesa: la verginità consacrata ne manifesta il carattere soprannaturale: tutto appartiene all’ordine della fede; il matrimonio, invece ne manifesta la fecondità.
Anche qui ritroviamo la figura della Madonna che contiene tutte e due le dimensioni della Chiesa.
MD n.22: “Troviamo un riflesso… la carità”.
Il mistero della Chiesa richiede dunque, come vedremo ancora, la duplice dimensione della consacrazione e del matrimonio.
Passi Scritturistici
MD n.20
In questo più ampio contesto occorre considerare la verginità anche come una via per la donna, una
via sulla quale, in un modo diverso dal matrimonio, essa realizza la
sua personalità di donna. Per comprendere questa via bisogna ancora una
volta ricorrere all’idea fondamentale dell’antropologia cristiana.
Nella verginità liberamente scelta la donna conferma se stessa come
persona, ossia come essere che il Creatore sin dall’inizio ha voluto
per se stesso, e contemporaneamente realizza il valore personale della
propria femminilità, diventando «un dono sincero» per Dio che si è
rivelato in Cristo, un dono per Cristo Redentore dell’uomo e Sposo delle
anime: un dono «sponsale». Non si può comprendere rettamente la verginità, la consacrazione della donna nella verginità, senza far ricorso all’amore sponsale: è,
infatti, in un simile amore che la persona diventa un dono per
l’altro. Del resto, analogamente, è da intendere la consacrazione
dell’uomo nel celibato sacerdotale oppure nello stato religioso.
La naturale disposizione sponsale della personalità femminile trova
una risposta nella verginità così intesa. La donna, chiamata fin dal
«principio» ad essere amata e ad amare, trova nella vocazione alla verginità, anzitutto, il Cristo come il Redentore che «amò sino alla fine» per mezzo del dono totale di sé, ed essa risponde a questo dono con un «dono sincero» di
tutta la sua vita. Ella si dona, dunque, allo Sposo divino, e questa
sua donazione personale tende all’unione, che ha un carattere
propriamente spirituale: mediante l’azione dello Spirito Santo diventa
«un solo spirito» con Cristo-sposo (cfr. 1Cor 6,17).
MD n.21
La verginità nel senso evangelico comporta la rinuncia al matrimonio, e dunque anche alla maternità fisica. Tuttavia,
la rinuncia a questo tipo di maternità, che può anche comportare un
grande sacrificio per il cuore della donna, apre all’esperienza di una
maternità di diverso senso: la maternità «secondo lo spirito» (cfr. Rm 8,4).
La verginità, infatti, non priva la donna delle sue prerogative. La
maternità spirituale riveste molteplici forme. Nella vita delle donne
consacrate che vivono, ad esempio, secondo il carisma e le regole dei
diversi Istituti di carattere apostolico, essa si potrà esprimere come
sollecitudine per gli uomini, specialmente per i più bisognosi: gli
ammalati, i portatori di handicap, gli abbandonati, gli orfani, gli
anziani, i bambini, la gioventù, i carcerati e, in genere, gli
emarginati. Una donna consacrata ritrova in tal modo lo Sposo, diverso
e unico in tutti e in ciascuno, secondo le sue stesse parole: «Ogni
volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi (…), l’avete
fatto a me» (Mt 25,40). L’amore sponsale comporta sempre una
singolare disponibilità ad essere riversato su quanti si trovano nel
raggio della sua azione. Nel matrimonio questa disponibilità, pur
essendo aperta a tutti, consiste in particolare nell’amore che i
genitori donano ai figli. Nella verginità questa disponibilità è
aperta a tutti gli uomini, abbracciati dall’amore di Cristo sposo.
In rapporto a Cristo, che è il Redentore di tutti e di ciascuno,
l’amore sponsale, il cui potenziale materno si nasconde nel cuore della
donna-sposa verginale, è anche disposto ad aprirsi a tutti e a
ciascuno.
MD n.22: “Troviamo un riflesso… la carità”.
Troviamo un riflesso della stessa analogia – e della stessa verità – nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa. Maria è la «figura» della Chiesa: «Infatti, nel mistero della Chiesa, la quale pure è giustamente chiamata madre e vergine (…), Maria è andata innanzi, presentandosi in modo eminente e singolare, quale vergine e quale madre (…). Diede poi alla luce il Figlio, che Dio ha posto quale primogenito tra i molti fratelli (cfr. Rm 8,29), cioè tra i fedeli, alla cui rigenerazione e formazione essa coopera con amore di madre». «Orbene, la Chiesa, la quale contempla l’arcana santità di lei e ne imita la carità e adempie fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della parola di Dio accolta con fedeltà, diventa essa pure madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a una vita nuova e immortale i figlioli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio». Si tratta qui della maternità «secondo lo spirito» nei riguardi dei figli e delle figlie del genere umano. E una tale maternità – come si è detto – diventa la «parte» della donna anche nella verginità. La Chiesa «pure è vergine, che custodisce integra e pura la fede data allo Sposo». Ciò trova in Maria il più perfetto compimento. La Chiesa, dunque, «ad imitazione della Madre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo, conserva verginalmente integra la fede, solida la speranza, sincera la carità».